LO SVEZZAMENTO

Lo svezzamento è una fase molto importante, non solo rispetto allo sviluppo del bambino, ma anche all’interno del suo rapporto con la mamma. Se, infatti, da un punto di vista squisitamente fisiologico esso rappresenta il passaggio dall’alimentazione liquida a quella solida, dal punto di vista psicologico implica invece un graduale processo di separazione del piccolo dalla mamma stessa, un’apertura verso il mondo esterno, una maggiore autonomia. Per tale motivo, questo passaggio è quasi sempre accompagnato da vissuti profondi e spesso anche contrastanti tra di loro, sperimentati tanto dalla mamma quanto dal bambino. Lo svezzamento è, infatti, per sua stessa natura una separazione, ma anche una rinuncia/una perdita rispetto a un equilibrio trovato e consolidato nei primi mesi di vita; viene, infatti, a ridursi (per poi terminare del tutto) quel momento di intima condivisione emotiva e “viscerale” rappresentata appunto dall’allattamento e si affaccia la necessità di un distacco tra madre e figlio.

Per questo motivo, spesso le mamme faticano ad accettare e/o ad affrontare serenamente questo passaggio; lo svezzamento diventa, per loro, un momento “critico” perché vissuto solo come “perdita”. Alcune faticano ad accettare l’idea di non essere più “le uniche” nutrici del bambino e sentono l’introduzione di “cibi solidi” come sostituti del loro seno/latte buono, faticando ad accettare quindi l’idea che, da adesso in poi, il bambino potrà crescere ed alimentarsi in maniera più autonoma. Altre temono di perdere “il controllo” sul bambino; alcune si rammaricano per l’interruzione di un momento di estrema intimità con il figlio, sentendosene anche in colpa; altre ancora temono di non essere in grado di gestire questo periodo, di occuparsi della preparazione di pappe, minestre, ecc. In ogni caso, vengono spesso ad emergere sentimenti di tristezza, dispiacere, preoccupazione.

Sarebbe allora utile provare a pensare allo svezzamento come ad una fase necessaria non solo per lo sviluppo fisico del bambino, ma anche per la sua crescita psicologica.

Melanie Klein (psicoanalista infantile) sottolinea appunto come lo svezzamento non sia uno svezzamento “da” (perché posto in questi termini ci farebbe forse pensare ad una privazione, alla perdita dell’intimità, del piacere); la Klein parla invece di svezzamento “a”, cioè di un’apertura a cose nuove.

E in questo, il ruolo e l’atteggiamento emotivo della mamma svolgono sicuramente un ruolo fondamentale. Dobbiamo, infatti, pensare che la reazione del bambino rispetto alla novità di un cibo che non è il latte sarà fortemente legata al modo in cui la mamma stessa sta vivendo il momento. Se una mamma propone al suo bambino la pappa ma dentro di lei pensa che gli sta facendo un torto e che vorrebbe tanto tornare ad attaccarlo al seno, il bambino percepirà la riluttanza e la preoccupazione materna e sarà più in difficoltà nell’accettare ciò che gli viene offerto. Viceversa, una mamma che serenamente porge al proprio bambino un nuovo assaggio, stimolandone la curiosità con affettuoso sostegno, lo invoglierà in modo tranquillo e positivo all’”incontro” con il nuovo.

Spesso, poi, lo svezzamento viene fatto coincidere (e a volte è quasi da esso imposto) con il rientro a lavoro della mamma, la quale si trova di frequente ad essere combattuta tra il desiderio di rimanere ancora con il piccolo e il l’urgenza di fare in fretta, di accelerare questo passaggio per poter riprendere i ritmi precedenti. Si crea, così, un clima di grande tensione e confusione, nonché un forte senso di colpa, che rischia solo di “appesantire” la mamma stessa, impedendole di affrontare questa fase con calma, prendendosi il giusto tempo.

La cosa sicuramente fondamentale, invece, rispetto allo svezzamento, è la gradualità: prendersi del tempo e rispettare i tempi del bambino. Perché se è vero che i piccoli sono incuriositi dalla novità e che lo svezzamento li ricompensa con il piacere dell’assaggiare nuovi cibi, è anche vero che c’è bisogno di un fisiologico tempo di “graduale adattamento al cambiamento”. Non a caso, spesso i bambini in questa fase iniziano a manifestare atteggiamenti oppositivi e aggressivi, oppure a richiedere un maggior contatto fisico. Sarà allora importante procedere con gradi.

Ma quando iniziare tutto ciò?! In genere l’avvio dello svezzamento avviene verso i 5/6 mesi, quando insorgono anche i primi dentini. Dal punto di vista psichico, il bambino comincia a “maturare” le competenze per poter affrontare questo passaggio quando inizia, proprio in questa fase, a mettere in scena, con il gioco, le dinamiche del distacco: in maniera ripetuta e divertita, lascia cadere gli oggetti a terra, lontano da sé, ed attende che gli vengano poi recuperati. Questo è il suo primo tentativo psichico di sperimentare la separazione; da questo momento, e in maniera sempre più matura, il bambino potrà “rinunciare” al seno per aprirsi alle nuove scoperte.

E se invece la mamma non è affatto preoccupata dalla fine dell’allattamento ma, anzi, se ne sente sollevata? Se questo periodo non è stato per lei così bello come tutti le avevano detto?

Questi sentimenti sono in realtà diffusissimi e non devono affatto spaventare le mamme; l’allattamento è un’esperienza bella ma anche impegnativa e stancante (sia dal punto di vista fisico che psicologico) per cui spesso le donne sentono vivo il desiderio della sua conclusione per poter riprendere la loro vita in maniera “più separata” dal figlio. La mamma può, cioè, sentire il bisogno di riprendere i suoi progetti e di sentire meno “la dipendenza assoluta” del bambino. Anche in questo caso, però, sarà importante rispettare i tempi del piccolo, senza forzarlo eccessivamente in termini di “precocità”.

Il passaggio ai cibi solidi consentirà però alle mamme di essere supportate anche dall’esterno; il papà potrà ora partecipare in maniera attiva, occupandosi anche lui dell’alimentazione del piccolo, così da poter “alleggerire” l’impegno materno.

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